2008 - Grazie lo stesso. Io credo nella risurrezione
Ero ancora in Germania quando fui contattato dalla Tavola Valdese per il mio primo incarico di servizio. Terminavo il mio percorso di studi teologici e mi restava da consegnare la tesi di laurea. Data la mia età (era la mia seconda laurea) si era deciso di affidarmi un incarico delicato, sebbene quello fosse solo il mio periodo di prova.
Si trattava, mi fu detto, di un ultimo tentativo per verificare se fosse ancora possibile mantenere la testimonianza evangelica a Cinisello Balsamo mediante il Centro J. Lombardini o se non si dovesse, invece, prendere atto della fine di quell’esperienza, per quanto bella, importante e significativa fosse stata.
Accettai l’incarico con timore e tremore, dopo averne parlato alla mia compagna e collega Elisabeth Loeh.
Confidavamo nel fatto che il Signore ci avrebbe sostenuti.
Si trattava di un incarico a tempo parziale; avremmo prestato servizio anche presso la chiesa metodista di Milano, presso la quale ci era stata anche assegnata la residenza.
Era il 1996 e gli inizi non furono né semplici né indolori.
Nel corso degli anni molte cose erano cambiate. Il gruppo residente aveva ormai una componente evangelica piuttosto scarsa e molti di coloro che occupavano gli appartamenti (o le stanze) del Lombardini avevano smesso di fare vita comune. Non vi erano molti progetti e le motivazioni erano piuttosto scarse.
Tante persone vivevano nel Lombardini senza vivere il Lombardini.
Il deficit economico era notevole.
Si trattava di prendere decisioni, anche difficili e impopolari.
I primi mesi furono spesi per recuperare crediti e chiedere a coloro che erano rimasti se fossero ancora interessati a un progetto di vita comune oppure no, nel qual caso si richiedeva di lasciare gli appartamenti o le stanze occupate.
Stabilimmo delle regole semplici e chiare per la vita comune e chiedemmo di rimanere soltanto a coloro che fossero stati disponibili a rispettarle.
Accogliemmo persone nuove nel gruppo residente mentre dovemmo chiedere ad altre di andar via.
Non tutti credevano in quello che stavamo cercando di fare. C’era chi guardava con scetticismo ai nostri sforzi.
Ricordo in particolare un episodio avvenuto nel mio primo anno di servizio.
Avevo telefonato a un intellettuale delle nostre chiese, ex membro del gruppo residente, perché volevamo fare una conferenza pubblica presso la Villa Ghirlanda sul tema:
Crisi dello stato sociale e nuove solidarietà.
Al telefono, dopo aver ascoltato la mia richiesta, questo fratello mi disse:
“Non credo ne valga la pena. Il funerale del Lombardini l’abbiamo già fatto”.
La risposta spontanea che affiorò alle mie labbra, sorprendendo perfino me stesso, fu:
“Grazie lo stesso. Io credo nella risurrezione”.
Invece di scoraggiarci, chiedemmo a Giorgio Bouchard di tenere quella conferenza. Giorgio, che oltre ad essere uno dei padri fondatori del Lombardini era stato mio pastore a Napoli, accettò con gioia e non senza una punta di commozione.
Anche lui credeva nella risurrezione!
Venne ripagato da una folla di vecchi e giovani amici del Lombardini che lo circondarono col proprio affetto la sera della conferenza.
Quell’esperienza riempì di entusiasmo molti di noi.
Riprendemmo i contatti con gli amici e le amiche che nel corso degli anni avevano condiviso l’esperienza del Centro e che vi erano affezionati.
Nel frattempo Elisabeth ed io ci trasferimmo al Lombardini, nella consapevolezza che soltanto vivendo lì avremmo potuto fare qualcosa di più.
Un comitato, composto da membri delle chiese milanesi, ben motivato, ci accompagnava e spronava nel tentativo di rivitalizzare il Centro.
Iniziammo, con la collaborazione dei pastori delle chiese milanesi, con dei cicli di conferenze teologiche; poi ripristinammo lo studio biblico, come momento d’incontro e confronto.
Credo che in quegli anni il Lombardini fosse uno dei pochi luoghi legati alle chiese evangeliche storiche, nei quali lo studio biblico (ottimamente frequentato) riuscisse a mettere insieme tutte le generazioni (dai 18 ai 90 anni) e a far discutere persone di orientamenti molto diversi, senza che nessuno si sentisse escluso.
Tornammo a organizzare delle cene comunitarie capaci di creare delle atmosfere di gioia, di grazia, di fraternità e sororità, raramente sperimentate altrove.
Per molti il Lombardini tornò a essere un punto di riferimento e di crescita umana e spirituale. S’instaurò un forte senso comunitario, capace di accogliere e includere chiunque.
Con la pastora battista Lidia Maggi e con il prete operaio Angelo Reginato iniziammo anche un’esperienza nuova: la catechesi ecumenica degli adulti.
Riprendemmo, con i fratelli battisti Armando e Daniele Violi, membri del gruppo residente, l’esperienza del torneo di calcio extracomunicando.
Cercammo anche di non tralasciare del tutto l’impegno politico e di dare un contributo sulle tematiche della pace, della giustizia e della salvaguardia del creato.
Ci interessammo del commercio equo e solidale.
Demmo vita a un videoforum che avvicinò nuove persone al Centro.
Qualcuno iniziò a venire semplicemente per vedere i film e poi decise di partecipare anche agli studi biblici.
Negli ultimi tempi si tenevano anche dei culti comunitari al pian terreno e alcuni maturarono la decisione di entrare a far parte di qualcuna delle nostre chiese milanesi.
Che altro potrei aggiungere?
Sono stati i nostri primi due anni e mezzo di servizio pastorale; sicuramente pochi, ma certamente tra i più belli e intensi!
L’ultimo ricordo è quello dell’ultima cena insieme, una stupenda cena a sorpresa organizzata in occasione del nostro matrimonio.
Fu bellissimo! Ricordiamo ancora i volti di tutti, l’affetto, la gioia e la comunione sperimentata con forza in quella occasione.
La Tavola Valdese ci aveva chiesto di trasferirci in Campania, dove c’era bisogno di una coppia pastorale giovane. Dovevamo ubbidire e tutti lo sapevano.
Andavamo via non senza tristezza, ma anche con un profondo senso di riconoscenza e commozione per quanto avevamo sperimentato in questa anomala, ma bellissima comunità.
Sergio Manna