Due fatti ci sembrano da segnalare per questo 1987. Il primo: da ottobre di quest’anno abbiamo formato una sola classe di allievi, senza più organizzare il corso biennale per i giovani inferiori ai 18 anni. Già l’anno scorso avevamo documentato la tendenza alla diminuzione fra gli iscritti e, d’altra parte, le ultime esperienze di biennio con i giovani avevano comportato un investimento di energie a volte sproporzionato rispetto al risultato e al numero stesso degli allievi.
La chiusura non è avvenuta a cuor leggero: fortunatamente un’attenzione per la questione giovanile è in atto da anni in città, soprattutto in due quartieri fra cui il nostro, esiste un coordinamento per i problemi dei cosiddetti ‘minori a rischio’, composto da operatori sociali, cittadini, consiglieri di circoscrizione e volontari, fra cui qualcuno del Lombardini; e inoltre quest’anno il comune ha finalmente aperto nel quartiere un primo centro per i giovani, che offre possibilità di incontro, aggregazione e attività in locali e con strutture certamente più adatti di quelle che potevamo offrire noi, nei vani di un condominio, in ore serali.
Resta il fatto indubbio che un’esperienza come quella della scuola al Lombardini, per qualcuno dei nostri giovani, ha inciso nel profondo. Non è raro che proprio quelli più ‘matti’ e ‘sbandati’, quelli che a scuola ci facevano impazzire per il loro (apparente?) disinteresse su tutto, siano anche quelli che restano più amici della comune e ogni tanto compaiono al IV piano.
Dopo vari anni di scuola divisa in due dal limite dei 18 anni, riprendiamo perciò l’esperienza di un gruppo unico di allievi, che era già stata fatta nei primi anni di attività del Lombardini. Attualmente abbiamo una ventina di allievi che frequentano, quasi la metà di loro va dai 16 ai 20 anni, la maggioranza è tra i 20 e i 40 anni, pochi oltre la quarantina. Come lavoro: 4 operai, 8 muratori o idraulici, 3 casalinghe, 2 fruttivendole, 1 bidello, 1 commessa, 1 infermiera, 2 disoccupati.
Il secondo elemento importante di quest’anno, è la ripresa, al nostro interno, come insegnanti, di una riflessione sul perché e sul come continuare oggi a fare una scuola popolare.
Sarebbe inesatto dire che oggi le motivazioni a frequentare un anno di scuola siano esclusivamente legate al miglioramento individuale, perché le forme di emarginazione e di sfruttamento sono semplicemente mutate e la voglia di riscatto, di misurarsi con se stessi, di sapere sono ben presenti in chi si affaccia ai corsi del Lombardini.
Resta tuttavia molto difficile un reale ‘progresso’ di conoscenze e di capacità. Dopo la fase ‘politica’ e ‘ideologica’, al Lombardini si è operato soprattutto sul piano dei metodi e delle tecniche didattiche, usufruendo anche di molte valide acquisizioni della scuola pubblica e dell’aggiornamento degli insegnanti soprattutto alla media. Ma, accanto a questo aggiornamento didattico, qualcuno ha giustamente messo l’accento sui contenuti e sulla partecipazione degli allievi, che è stata trascurata nella preparazione delle lezioni. Un’esperienza come la nostra, infatti, basata sul volontariato, non può puntare solo sulla professionalità degli insegnanti né sul preconfezionamento di una bella lezione, con i migliori supporti didattici.
Dobbiamo perciò proporci nuove forme di coinvolgimento degli allievi nel fare scuola. Non è facile, perché gli allievi per primi hanno in testa quella scuola e si aspettano serietà ed efficienza, poche chiacchiere o (apparenti) perdite di tempo. Ma la richiesta di una maggiore discussione, che pure qualche allievo ha presentato, dovrà essere accolta.